Nelle sue fotografie e installazioni, Isabell Heimerdinger scandaglia i confini tra autenticità e simulazione, finzione e realtà, artificiale e genuino. Al centro del suo lavoro artistico ci sono il mondo del cinema e il mezzo cinematografico. Da alcuni anni Heimerdinger si occupa più intensamente della figura dell’attore e della sua messa in scena mediale. Qui tematizza la dialettica della posa e dell’espressione “reale”, del ruolo e dell’identità, dell’emozione e dell’imitazione.
Negli studi fotografici, filmici e installativi di Isabell Heimerdinger ci sono spesso momenti di irritazione, attraverso i quali veniamo – sottilmente – resi consapevoli delle nostre abitudini di vedere, e cominciamo a metterle in discussione. Ciò che a prima vista sembra reale o autentico, a un esame più attento si rivela un costrutto o addirittura un inganno. La lampada, ad esempio, nell’opera “Eclipse” (2001) sembra accendersi da sola; solo a una seconda occhiata si nota che la lampada è illuminata da un faretto. Heimerdinger usa qui la tecnologia del cinema e del teatro per riferirsi alla costruzione ottica della proiezione, che è anche la base del mezzo cinematografico e fotografico.
La serie “Interiors” (1997-2000) mostra set di film popolari dagli anni ’50 agli anni ’80. Le stanze, prive di persone, evocano l’atmosfera inquietante del set cinematografico e mostrano così la messa in scena dello spazio filmico attraverso la direzione della luce e l’angolo di visione. Ciò consente a Heimerdinger di analizzare la manipolazione psicologica attraverso i mezzi del film. Con questa ambivalenza tra il fascino del cinema e l’esposizione dei suoi meccanismi, le opere di Isabell Heimerdinger sfidano gli osservatori a riflettere sul mezzo cinematografico e sull’onnipresente cultura hollywoodiana.