MARILYN

Essere o non essere, questo è il problema.

Eccolo il dilemma esistenziale di Marilyn: essere o non essere. Nel 1945 Norma Jeane lavora come operaia in una fabbrica di esplosivi, impacchetta paracaduti. Ronald Reagan all’epoca si occupava di propaganda bellica, cercava iconiche bellezze femminili americane per attirare l’attenzione dei giovani maschi da arruolare nell’esercito. Manda David Conover in giro nelle fabbriche per fotografare ragazze.

“Nessuna che valga la pena” dice David a Reagan gettando sulla scrivania un mazzo di fotografie.

“Mah, questa?” Ronald sta impugnando la foto di Norma. “Non ho mai visto una bellezza così potente”. David imbarazzato è costretto ad assentire, dal vivo non si era accorto di quanto Norma fosse meravigliosa. Quella donna, ritratta, assumeva una energia che era difficile da cogliere nel reale. Tutto parte da quella foto. Ronald la assume, nello stesso anno viene eletta Miss Lanciafiamme, inizia la sua carriera come modella con i fotografi più celebri. L’anno successivo firma il suo primo contratto cinematografico e trova così una bella scusa per lasciare il marito: “Mi fanno fare il film a patto che sia single”. Norma Jeane diventa Marilyn Monroe.

Nel 1958 , sul set di A qualcuno piace caldo, Billy Wilder le fa ripetere per 62 volte la frase “It’s me, Sugar”: non è mai soddisfatto. Nella notte il regista, sconsolato, riguarda il girato e trasale. Quelle battute erano una meglio dell’altra, non aveva che l’imbarazzo della scelta. Marilyn, rivista sulla schermo, sembrava un’altra persona.

Truman Capote la voleva come la sua Holly Golightly in Colazione da Tiffany. Ma Marilyn tentennava: sarebbe stata capace di essere o non essere Holly? La casa di produzione, infastidita dal suo tira e molla, propose il ruolo a Audrey Hepburn la quale accettò immediatamente. Marilyn pianse.

La Monroe, con tenacia, decise di diventare colta. D’altra parte il suo quoziente intellettivo di 168 glielo avrebbe consentito alla grande. Lesse Dostoevskij, Tolstoj, Freud, Whitman. Il suo amico Truman Capote l’aiutò moltissimo. Con Sartre si intratteneva in lunghe chiacchierate letterarie. Si iscrisse all’Università della California, divenne esperta d’arte prediligendo Goya e i suoi incubi. Nel fatale agosto del 1962 stava leggendo Il buio oltre la siepe di Harper Lee… Ma il cinema continuava a volerla sciocca, una pedina in mano degli uomini.

Essere o non essere, questo fu il suo problema.

 

Eve Arnold
Marilyn Monroe on the set of “The Misfits”
1960

 

Eve Arnold
Marilyn Monroe on set
1960

 

 

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